In alto i calici, e brindiamo: cin cin. Un gesto e un modo di dire che ognuno di noi ha fatto più volte nella vita senza neanche pensarci, in occasione di ricorrenze ma anche di semplici serate. Quasi un rito, se ci pensiamo: il solito sfiorare dei calici, un augurio particolare e poi cincin.
Ma è sempre stato così?
Fino a qualche tempo fa in Italia si usava il termine prosit, letteralmente sia di giovamento. Una parola che si pronunciava al termine della messa, dopo uno starnuto, e appunto, dopo un brindisi. Una formula ormai arcaica, derivante dal latino, che ha lasciato spazio al più contemporaneo e fresco cin cin.
Il termine deriva da una formula di origine cinese: ch'ing ch'ing, che vuol dire prego, prego. Più che un augurio, un garbato ringraziamento. In epoca vittoriana l'influenza inglese ha trasformato le parole, rendendole un più comprensibile chin chin. La formula passò di brindisi in brindisi, di bocca in bocca, portata in tutta Europa dai marinai, fino a raggiungere appunto l'Italia.
Qui, la formula è stata assorbita facilmente dalla nostra lingua perché il suono delle parole richiama subito il suono dei calici che si scontrano tra loro. Nella lingua cinese moderna poi, cin cin significa bacio, e potremmo romanticamente pensare che è proprio un bacio quello che avviene tra i due bicchieri durante un brindisi.
Il vino migliore con cui fare cin cin?
Sicuramente lo Spumante Brut Rosè di Carpineto con la sua spuma leggera e il suo perlage rosa chiaro. Un compagno perfetto con cui brindare.