Le bucce d’uva (altrimenti dette, appunto, vinacce) vengono spesso utilizzate per il processo di distillazione da cui si otterrà poi la grappa. Prodotto nato nel profondo Nord italiano, fra il Trentino e il Friuli, poi “esportato” in tutta la Penisola. Tanto che ormai esistono grappe d’eccellenza prodotte anche al di fuori di queste regioni, come la Toscana o il Piemonte. Persino qualche regione del Sud Italia, più dedita alla produzione di liquori e infusi, sta sperimentando la distillazione delle vinacce.
Ma che differenza c’è tra grappa e acquavite? Spesso vengono utilizzate come sinonimi, che però tali non sono. La grappa, infatti, come abbiamo visto è il prodotto della distillazione della buccia. L’acquavite d’uva viene invece prodotta grazie alla distillazione dell’intero grappolo (quindi anche degli zuccheri presenti nella polpa). Differenza da poco? Non proprio. L’acquavite avrà profumi e sapori più intensi, floreali e delicati, laddove la grappa conserverà caratteristiche di grande persistenza e robustezza.
Il termine acquavite, infine, viene spesso utilizzato anche come termine generico per indicare la distillazione in sé. La grappa, in tal senso, è un’acquavite di vinacce; il brandy un’acquavite di vino; il whisky un’acquavite di cereali; il rum di canna da zucchero; la tequila d’agave, e così via.
Il giusto grado di servizio? Intorno ai diciassette gradi. Qualcosa in più per le grappe e le acquaviti invecchiate e barricate. Il calice giusto è quello piccolo, a forma di tulipano, capace di esaltare aromi e profumi di un distillato che conta sempre più estimatori.