Un vino strutturato e corposo. Quante volte abbiamo sentito questa definizione? E quante volte l’abbiamo presa per buona, sorvolando sul significato dei termini? In parole povere: cosa intendiamo quando diciamo che un vino è di buona struttura e di buon corpo?
Per capirlo bisogna virare per qualche secondo in ambito enologico; e distinguere le sostanze volatili da quelle non volatili. Cosa significa? Ogni vino è composto da questi due tipi di sostanze. Le prime sono quelle che, sottoposte a una temperatura di 100 gradi centigradi, evaporeranno o sublimeranno. Acqua e alcol, entrambi presenti nel vino, hanno questa caratteristica. Le seconde, quelle non volatili, resteranno nella loro forma e consistenza, non mutando al cambiare della temperatura. Parliamo di acidi, polifenoli, glicerina, pectine, zuccheri e altre componenti presenti nel vino che andremo a bere.
Tutto ciò che resta una volta allontanate le sostanze volatili del vino compone il residuo (o estratto) secco. Un parametro che definirà la corposità di un vino. È proprio in base a questo parametro che definiremo, quindi, la struttura di ciò che andremo a bere: magra, debole, di corpo, robusta o pesante. Un vino strutturato e di corpo sarà quindi un vino dove le sostanze non volatili si amalgamano perfettamente tra loro, generando profumi, colori, gusto e robustezza adeguati al nostro nettare preferito.
Il valore, così come succede – ad esempio – per gli zuccheri viene espresso in grammi per litro. La legge italiana, nello specifico, stabilisce che nei vini bianchi ci debba essere un minimo di 14 grammi di residuo secco per ogni litro di vino, mentre per i rossi (generalmente più strutturati) il parametro sale a 18.